Calendario dell’Avvento – Himmelswächter – Giorno 13

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Fonte: Claudias Bücherregal – ©Emily Kay
Data: 13 Dicembre 2011
Traduzione: ©Emily Kay Italia

VIETATO COPIARE O PUBBLICARE ALTROVE LA TRADUZIONE!

Dopo una breve notte di sonno mi ero incamminata verso il London College of Fashion. Dovevo ancora abituarmi agli scompartimenti della metropolitana londinese sempre affollata di pendolari e turisti, così come all’odore caratteristico delle stazioni, che mi faceva pensare a sporcizia vecchia, aria viziata e plastica bruciata. Con i docenti e gli studenti al college andavo d’accordo, erano tutti molto gentili e motivati.

Tuttavia alla lezione del professor Stevenson mi ero sentita ben più che a disagio, dopo che una studentessa robusta dai capelli castani e ricci si era seduta accanto a me presentandosi come Erika. Normalmente non ci avrei fatto nemmeno caso, se la sua presenza non fosse stata così tanto fastidiosa. Si poteva sentire il suo odore, o meglio, non si poteva non sentirlo. In una situazione di grave emergenza d’aria in aereo, sopra i passeggeri si apre uno sportello con le maschere d’ossigeno per evitare la perdita di conoscienza. Avrei dato qualsiasi cosa per avere un servizio simile in quel momento. Quando venne il mio turno di esporre il mio compito a casa, notai di avere le mani sudate. Sentivo un senso di oppressione al petto, come se vi fosse appoggiata una grossa pietra. L’odore di Erika era ovunque e mi privava di tutta la mia lucidità. Il testo sul foglio si fece confuso, i caratteri mi danzavano davanti agli occhi. Sentivo la mia voce che esponeva il compito, ma sembrava non appartenere a me. Avevo le vertigini, mi sentivo male, mi martellava la testa ed Erika accanto a me continuava ad emanare quell’odore.

“Buh!”
Trasalii e con una mano colpii la bottiglia di plastica con la mia acqua quando all’improvviso mi trovai di fronte un ragazzo con una felpa blu col cappuccio, ad appena pochi centimetri dal mio viso.
Jarvis afferrò al volo la bottiglia. “Oplà, giovane fanciulla. Dov’eri finita con i tuoi pensieri?”
Jarvis si sedette accanto a me, prese un pezzo del mio muffin e se lo ficcò in bocca.
“Mi hai spaventata”, dissi senza fiato premendomi una mano contro il petto martellante.
“Tutto a posto?”, chiese scrutandomi e piegando la testa. “Francamente sembri piuttosto distrutta.”
“Oh no… ehm, sì… ho solo un po’ di mal di testa. Tutto qui”, dissi.
“Sicura?”, chiese dubbioso, osservandomi con scetticismo. “Me lo diresti, vero, se ci fosse qualcosa?”
“Ma certo. Non preoccuparti, è davvero solo un po’ di mal di testa.”
“Bene, vogliamo andare allora? Sono ansioso di vedere il Wheelscape. Chissà, magari mi prenderà di nuovo la passione per lo skate.”

Ci mettemmo in spalla le nostre borse, uscimmo dal Caffè e corremmo giù per le scale della stazione di Bond Street per prendere un treno sulla Central Line. Gli scompartimenti erano stracolmi, come c’era da aspettarsi. Uno sguardo all’orologio confermò il mio sospetto che fossimo all’ora di punta londinese, ora in cui tutti i pendolari con cui la mattina avevo viaggiato verso Londra stavano ormai lasciando la città per tornare a casa. Ci pressammo in un angolo, dove con sollievo verificai che nonostante la ristrettezza degli spazi, nessuno puzzava come Erika.
“Hai già parlato con i tuoi genitori?”, chiese Jarvis.
“Sì, certo. Proprio ieri. Perchè me lo chiedi?”
“Beh, mia madre mi ha detto che la polizia non ha ancora capito cosa abbia spinto Amber al suicidio. Ora stanno cercando fra la cerchia di conoscenze di Amber e può darsi che vogliano interrogare anche noi.”
“Oh no”, mi sfuggì, mentre il mio viso perdeva ogni colorito. Provai di nuovo questo dolore interiore, il pulsare nella mia testa sembrava diventare più forte e persino respirare mi risultava più difficile. L’idea di essere interrogata in un commissariato fin nei minimi dettagli e di dover rivivere ancora una volta quel terribile avvenimento per me era un vero e proprio orrore. Probabilmente la polizia mi avrebbe diretto in faccia la luce bianca di due lampade e avrebbe acceso un registratore, in modo da poter analizzare in seguito ogni piccolo particolare della mia deposizione.
“Probabilmente i miei genitori si sono dimenticati di dirmelo”, dissi voltandomi di lato e strofinandomi nervosamente le dita sulla clavicola.

Jarvis si avvicinò, mi mise un braccio attorno alle spalle e mi guardò. “Ehi, non ti preoccupare. Non abbiamo assolutamente nulla di nuovo da dire.” Si strinse nelle spalle. “Amber era la migliore della classe, era bella, aveva una borsa di studio per Eaton, stava col capitano della squadra di cricket, i suoi genitori sono benestanti e lei era amata. Tutto perfetto. Non abbiamo assolutamente nulla da dire alla polizia che possa dare la benchè minima indicazione del motivo del suo suicidio.”
Annuii. “Però Jar, non sopporto più di vedere queste immagini nella mia testa. Da quando sono qui riesco finalmente a dormire di nuovo ed ora dovrei rivivere tutto quanto ancora una volta sapendo che non servirà a niente?”, chiesi disperata.
“Lo so. Ma poi ci lasceranno sicuramente in pace, dato che non abbiamo nulla di interessante o di importante da dire a proposito del caso.”
Speriamo che sia così, pensai in silenzio, mentre il treno arrivava alla stazione di Notting Hill Gate e noi dovemmo prendere la coincidenza.

© Emily Kay

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