Calendario dell’Avvento – Himmelswächter – Giorno 8

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Fonte: Claudias Bücherregal – ©Emily Kay
Data: 8 Dicembre 2011
Traduzione: ©Emily Kay Italia

VIETATO COPIARE O PUBBLICARE ALTROVE LA TRADUZIONE!

Jerome non rimase molto a lungo, le previsioni sulla sua vita amorosa lo avevano chiaramente messo di cattivo umore.
Mi ritirai nella mia stanza e decisi di ascoltare un po’ di musica. Mr Bilbo intanto si era messo comodo in uno scatolone da trasloco vuoto. Le previsioni di Nora mi ronzavano per la testa senza sosta, le sue parole risuonavano più forti della musica del mio iPod. Alla fine mi tolsi le cuffiette dalle orecchie e mi misi a guardare fuori dalla finestra, verso il giardino. Non riuscivo a distinguere molto, fuori c’era già buio. Oltre alla luce della lampada da tavolo, anche il mio viso si rispecchiava sul vetro della finestra. Pensierosa, mi misi ad osservare me stessa. Non sapevo come comportarmi con le predizioni di Nora. Forse avevo paura di crederci e di restarne delusa in seguito, nel caso in cui questo presunto uomo dei sogni non fosse arrivato. O magari era possibile che l’oracolo si fosse sbagliato? Forse la prima combinazione di carte in realtà era destinata a me, dato che Jerome mi aveva ceduto il turno? Avrebbe avuto un senso, perchè un vero e proprio ragazzo dei sogni non l’avevo mai incontrato.
Il leggero bussare alla mia porta mi distolse dai miei pensieri. Nora fece capolino nella mia stanza.
“Non volevo disturbarti, solo augurarti la buona notte.”
“Ma quale disturbo”, dissi. “Entra pure.”
Nello scatolone ci fu un fruscìo e Mr Bilbo saltò fuori, poi ancora assonnato inarcò la schiena, si stiracchiò e trotterellò fuori dalla stanza.
“Ah, ecco dov’eri. Mr Bilbo è un tipo notturno, perciò non sorprenderti se di notte lo trovi seduto fuori dalla tua finestra.”
Nora si guardò intorno.
“Wow. Ti sei già messa decisamente a tuo agio. Oh, ed hai appeso anche un poster di Ville Valo. Hai buon gusto. Mi sono proprio scelta la coinquilina giusta”, rise Nora.
“Sì, lo spero proprio.”
“Beh, volevo solo dirti che se ti venisse fame o sete, serviti pure. Trovi tutto in frigorifero. Dormi bene.”
“Grazie. Buona notte anche a te.”
Nora si voltò ancora sulla soglia.
“Sai, quello che si sogna la prima notte, è destinato ad avverarsi.”
Mi strizzò l’occhio e chiuse la porta.

Avevo aperto la finestra inclinandola verso l’interno e nel buio mi misi ad ascoltare i suoni che venivano dal giardino immerso nella notte. Stava ancora piovendo. Di tanto in tanto le foglie frusciavano fra gli alberi, oppure udivo un’auto di passaggio e di quando in quando sentivo le note di un classico pezzo da pianoforte, che il vento trasportava fin dentro la finestra. Fissai il soffitto. Il letto era molto comodo, ma nonostante questo non riuscivo ad addormentarmi. In realtà, non avevo più dormito dopo quanto era accaduto, e anche quando lo facevo, era più come uno stato temporaneo di semi-incoscienza. Se non altro ora avevo capito che questo non sarebbe cambiato nemmeno qui. La mia ingenua speranza che lasciando Newcastle sarebbe cambiato tutto, fu soffocata sul nascere. Come avevo potuto anche solo pensare che il trasferimento in un’altra città sarebbe bastato a cancellare i ricordi? Insensato. Quasi mi dispiaceva di aver già disfatto le mie valigie e di aver messo tutto a posto, perchè in quel momento mi sarei dedicata volentieri ad un’attività del genere per scacciare le immagini che affioravano di continuo nella mia mente. Sarei stata felice se si fosse trattato di un film proiettato all’infinito nella mia testa, perchè con un film avrei potuto premere il tasto dello stop. Ma questo non era affatto un film. Era la mia vita reale, dalla quale non c’era alcuna possibilità di fuga, non importa quanto lontano da Newcastle potessi andare. E questo mi spaventava. Mi misi una mano sul petto e sentii che il mio cuore aveva iniziato a battere più velocemente. Nessuno se lo aspettava. Nel giro di pochi minuti questo mondo apparentemente perfetto si era disintegrato in milioni di frammenti. Da quel momento in poi mi ero sentita come intrappolata in un incubo terribile che non mi lasciava più dormire. Non c’era nulla che desiderassi di più della fine di quell’incubo. Ma non era così.

Prima della festa di fine anno non passavamo un solo secondo pensando al domani. Il nostro mondo ci appariva sicuro ed indistruttibile. Vivevamo andando di festa in festa, di fine settimana in fine settimana, così come probabilmente faceva gran parte degli studenti inglesi al loro ultimo anno di college. Il nostro futuro ci appariva magnifico, le nostre possibilità illimitate. I nostri festeggiamenti si tenevano tradizionalmente nell’aula magna della scuola. A mezzanotte gli studenti, i genitori, gli ospiti e gli insegnanti si riunivano nel cortile antistante l’ingresso per ammirare i fuochi d’artificio, organizzati appositamente in occasione dei festeggiamenti. La mia insegnante di storia fu la prima a vederla. La signora Thompson lanciò un grido fortissimo. Io mi voltai verso di lei ed il mio sguardo seguì la direzione della sua mano tesa verso l’alto. Verso il tetto dell’edificio. Successe tutto troppo velocemente. Sul tetto piano della scuola vidi una figura indistinta che un momento prima fissava l’asfalto, si chinava in avanti ed un istante dopo si schiantava violentemente a terra, a pochi metri da me. Il sangue schizzò addosso alle persone che si trovavano nell’immediata vicinanza dell’impatto, bagnandone i vestiti. La folla gridava e piangeva. Ed io me ne stavo lì immobile. Impietrita. Ciò che accadeva intorno a me, l’agitazione della gente, persino l’ululato delle sirene dell’ambulanza, tutto giungeva attutito ai miei sensi. Era come se una campana invisibile si fosse materializzata intorno a me, isolandomi da tutti i rumori esterni. Mi vennero i brividi e le mie membra iniziarono a tremare senza controllo quando un medico mi fece allontanare dal luogo della disgrazia. Una volta davanti all’ambulanza realizzai l’accaduto. La campana era come svanita all’improvviso. Mi cedettero le gambe. Intorno a me sentivo delle voci che ripetevano di continuo un nome che come un tarlo si insinuava sempre più a fondo nelle mie orecchie.

Amber.

© Emily Kay

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Tradotto col consenso dell’autrice, Emily Kay. Questa traduzione NON può essere utilizzata a fini commerciali e NON può essere pubblicata altrove senza il permesso scritto da parte di Emily Kay e Emily Kay Italia. Se volete condividerla, vi prego di fornire semplicemente un link a questa pagina. Grazie.

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